sabato 2 aprile 2016

Racconti da MrB & LdB - I ferri ci parlano

1 - I ferri ci parlano

In conclusione: diffidate delle buone prestazioni e traete il giusto insegnamento da quelle pessime.
Forse sono andato troppo avanti, meglio partire dall'inizio.
La prima gara del Torneo 2016, giunto al 15mo anno di vita, si gioca all'insegna di una bella giornata (meteorologicamente parlando), d'altra parte è il primo giorno di primavera!! Mentre sto scrivendo questo mi viene subito in mente il seguito cantato....Ma non per me!!
E già, perché  come ogni golfista sa non c'è malanno, acciacco, impedimento alcuno che può fermarlo se non un prolungato suono di sirena quando si è in campo, un odiatissimo suono poiché il più delle volte interrompe la migliore delle prestazioni. Non sarebbe comunque stato il mio caso, per me vale solo la prima parte del discorso. Con la scusa di essere uno dei coordinatori del torneo ho messo da parte gli acciacchi, preso la sacca da golf e mi sono avviato sul TEE di partenza. Sono in anticipo, accenno qualche swing di prova che non promette niente di buono. Non dovrò guadagnarmi l'onore della partenza poiché sono in team con tre donne. Siamo l'ultimo team in gara e la partenza ritardata non impatterà sulla tabella di marcia che prevede: 13,30 gambe sotto il tavolo!!!
Piazzo la palla sul tee; la schiena mi suggerisce di optare per una partenza soft. Guardo la sacca ed ignoro quel riflesso dorato con il quale, complice un raggio di sole, il mio Drive cerca di tentarmi. Prendo il Legno 3 (ma penso al Drive). Fatale. A sinistra, corto. Anzi no, cortissimo, passo di qualche metro il tee delle donne. Recupero bene piazzando il secondo in farway a circa 130 mt. Il terzo al green evidenzia un errore nello stance con la palla che viaggia dritta e sicura verso il fuori limite a destra. Piazzo il quinto davanti all'ostacolo d'acqua. Tiro il sesto, visto mai che imbuco? X.
Alla due il Drive con il suo sbarluccicare sembra dire: te l'avevo detto! Ma non ci casco, do un'altra opportunità al mio fedele Legno 3. Questa volta non mi tradisce, o meglio sono io a non tradirlo, non penso più al Drive. Ancora un Legno 3. Per il terzo colpo devo decidere per un layup prima del bunker che ostacola l'ingresso al green o un colpo diretto alla bandiera. Rischio. Bunker. Posizione palla che richiede una lucidità mentale che può avere solo un osservatore esterno. CONSIGLIO: quando siete dubbiosi, mettetevi nei panni del caddy, dimenticate di essere voi il giocatore e fatevi consigliare. Io non l'ho fatto, anche perché questa cosa l'ho pensata solo adesso!!
Alla tre il Drive è silenzioso. Finge di ignorarmi, ma sa perfettamente che comunque non ha chance su questa buca, è un par 3. Quindi mi affido al Legno 5. L'approccio di secondo finisce a 5 metri. Due put e la chiudo.
Con tre punti sullo score su sei teorici, mi avvio alla quattro. C'è spazio e tempo per recuperare. Il Drive fa le fusa come il gatto Silvestro col suo canarino giallo e quasi ci casco. Legno 3. Un Ferro 8 di secondo e volo il muro di alberi che formano il dogleg: sono a 70 metri dal green. Recupero un solo punto per colpa di un put troppo preciso che sborda sul lato sbagliato della buca.
Quando alla cinque metti palla in green, difficile non chiuderla almeno in par. Tre punti finalmente.
Considerato l'andamento del gioco mi pongo l'obiettivo di arrivare almeno a chiudere con 15 punti. Devo spingere sull'acceleratore. Un nugolo di pensieri positivi si sprigiona nella mia mente come un vaso di Pandora appena aperto. Piazzo la palla sul TEE della sei, prendo il Drive e swingo. L'ho fatto. Bel colpo. Solo un leggerissimo risentimento alla schiena, sopportabilissimo: vuoi vedere che aveva ragione lui, il Drive. Il Legno 3 mi fa subito vedere che lui non sarebbe stato da meno e mi regala un terzo al green facile facile. Sento già profumo di par. È a questo punto che il Legno 3 si prende la sua vendetta: invece che sul green mi fa atterrare sotto gli alberi di sinistra a circa cento metri dalla bandiera. Nonostante la palla sia nascosta nell'erba alta, sia più bassa dei piedi e il bunker davanti al green sia sulla linea di tiro ho ancora qualche sensazione positiva. Memore del colpo alla 4, il Ferro 8 si fa avanti baldanzoso, come ignorarlo? Colpisco il terreno appena prima della palla, e il risultato è: palla non so dove, schiena quasi bloccata da una lancinante fitta che non riesco ad ignorare. Sono costretto a marcare una X.
Per le ultime buche torno al gioco soft, ma ormai anche i ferri nella sacca sono rassegnati e mi supportano svogliati. Non raggiungo l'obiettivo che mi ero prefissato, però rimane il fatto che ho tenuto duro fino in fondo, e quindi sono ugualmente soddisfatto. Questo l'insegnamento che ne ho tratto oltre al fatto oltremodo inquietante di avere appurato che i ferri ci parlano!
Come avrete notato nulla ho detto del gioco delle donne che erano nella partita; questo non perché io sia un egocentrico, tutt'altro penso, ma per il semplice fatto che un golfista in genere non ama che altri parlino del suo gioco, sopporta al massimo qualche consiglio e di gran lunga preferisce essere lui/ lei a parlarne. Detto ciò non escludo che un prossimo racconto pur nel rispetto dell'anonimato e ben evidenziando l'universale frase liberatoria "Nessun riferimento a fatti e persone realmente esistiti", si possa narrare l'avventura golfistica di un altro MrB o LdB.

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